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Trento, 21 dicembre 2010
«Studenti, non cedete alla violenza»
Boato ai manifestanti: seguire pochi sobillatori sarebbe un suicidio
Quanto è avvenuto mi ha ricordato il 1977: gli autonomi fecero scatenare la guerriglia urbana

Intervista a Marco Boato de il Trentino di martedì 21 dicembre 2010

Gli studenti e gli operai scesi in piazza a Roma non cercavano la violenza. Ad accendere la miccia è stata una minoranza di poche centinaia di persone, esterne ai movimenti. Lo afferma Marco Boato, che trova molte analogie con quanto avvenne il 12 marzo 1977 a Roma. Allora non c’erano i black bloc, ma gli “autonomi”, che trasformarono una manifestazione pacifica in guerriglia urbana.

Domani intanto la capitale sarà di nuovo invasa dagli studenti il giorno della discussione in Senato della riforma Gelmini. «Sicuramente si organizzerà qualcosa sul territorio», dice lo studente universitario Filippo Rigotti. «Ma non ci sarà nulla di collettivo, chi andrà a Roma lo farà in modo autonomo». Resta aperto, intanto il dibattito sugli scontri di piazza. «Roma ha testimoniato un’esplosione sociale che esiste», dice Stefano Bleggi, del centro Bruno. «Non so cosa succederà mercoledì (domani, ndr), ma mi pare che non siano state date risposte adeguate, ma solo in termini repressivi. Le parole di Gasparri e La Russa fanno capire il clima che c’è in questo Paese. Ma la ribellione è europea e a livello generazionale. Bisogna capire ora come dare un senso alla protesta per portare al centro i diritti».

Marco Boato non vede nei “giovani senza futuro” che protestano in questi giorni il germe della violenza. Ma invita a fare attenzione: il rischio di una salita di livello dello scontro esiste. E va evitato.

Boato, gli scontri di Roma sono frutto dell’azione dei black bloc di turno o c’è davvero una rabbia crescente tra la gente che trova sfogo in piazza?
Ci sono entrambi gli aspetti. Una situazione di insofferenza e rabbia, comune a quella di altri paesi europei, che ha portato in piazza gli studenti, i ricercatori, i terremotati dell’Aquila, le Mamme vulcaniche di Terzigno e parte della Cgil. Ma nel corteo si sono inserite alcune centinaia di persone, che hanno tramutato la manifestazione in guerriglia urbana, contro la volontà della stragrande maggioranza di questo movimento composito e pacifico.

Che paralleli si possono fare con il passato?
Più che i fatti di Villa Giulia, mi è tornata in mente la manifestazione del 12 marzo 1977. Lo chiamavano il “movimento dei non garantiti”: una manifestazione gioiosa e rabbiosa, composta da decine di migliaia di persone, tra le quali gli studenti precari e le femministe, che erano alla guida del corteo (eravamo nella fase del dibattito sull’aborto), fu tramutata anche allora scientificamente in una gigantesca guerriglia urbana. Accadde quando si passò davanti alla sede della Dc. Allora non si parlava di black bloc: c’erano gli autonomi, che arrivarono con i volti coperti e le molotov. La tragedia di Genova non si è ripetuta perché la gestione di queste situazioni da parte delle forze dell’ordine è stata più intelligente. Ma poteva scapparci il morto.

Basta un episodio innescato da queste frange estremiste per creare di un’escalation che veda crescere le manifestazioni violente nel nostro Paese?
Potrebbe succedere. Ma se si innesca una spirale di manifestazioni, di scontri di piazza e l’inevitabile repressione poliziesca, il movimento va incontro a una spirale che lo porterebbe al suicidio.

L’altra sera, da Santoro, un gruppo di studenti sosteneva che la protesta nasce dal fatto di non essere ascoltati. E’ vero?
Credo che un elemento di verità ci sia. Quando si crea un muro tra un movimento collettivo e le istituzioni è evidente che la protesta si radicalizza. Il capo della polizia Antonio Manganelli all’Unità ha detto una cosa di grandissimo interesse: la polizia sta assolvendo a una funzione di supplenza in una fase di instabilità politica e istituzionale.

I “giovani senza futuro” potrebbero avere la tentazione della violenza?
Non credo che ce l’abbiano. Nella stragrande maggioranza. Perché, vivendo in un mondo non privo di memoria e di informazioni, sanno che da movimento di massa il loro si trasformerebbe in piccoli movimenti organizzati e che stroncare un movimento violento diventerebbe molto più facile. Attenzione perché pacifico non vuol dire sorridente: manifestare salendo in cima ai monumenti, o usando le carriole come all’Aquila, vuol dire avere inventiva. C’erano decine di televisioni martedì scorso a Roma: l’attenzione di tutto il mondo.

 

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